Fumamose ‘na sigheretta, che è mejo
Così eravamo pronti. Il Malider si poteva caricare dentro la Polo, senza sedile posteriore e lasciando il cofano aperto, ma qualche preoccupazione la dava l’albero del Vaurien, che con i suoi 6 metrazzi – 6 metrazzi da strallare – risultava piuttosto incontenibile e fuori codice, mettici pure tutte le pezze rosse del mondo. C’erano una decina chilometri e spifferi per la spiaggia a Lido dei Pini. Un primo tentativo, forse a novembre, non ebbe successo. Lavoravamo per il più grande call center d’Italia: in piena libertà e senza sindacati, anche perché quando guadagni 2/3 milioni al mese (figuriamoci quelli che si fecero un paio di botte sopra i 10 per un notturno chiacchierato) per un part time anche se precario il lavoratore ai sindacati ci pensa poco. Pagavamo l’affitto della postazione, ma potevamo andarci quando volevamo, tanto venivamo retribuiti a cottimo (che significa un tot a chiamata in entrata). Occhio al meteo, allora.
A dicembre venne il giorno buono. Il litorale laziale – anche se c’è gente che insiste, ultimi i ragazzi di Windreamer.it a Sabaudia/Circeo – non va bene per queste cose: potrebbe funzionare a libeccio, ma così il mare si mangia tutta la spiaggia, da terra è troppo sporco, davanti o dietro c’è troppo poco spazio per risalire. Ma quel giorno si andava, il Malider reagiva lentamente ma navigava e sembrava così solenne e sicuro in andatura che anche Barbara ci fece un giro, diventando così – molto probabilmente e fino a prova contraria – la prima velista di terra in Italia.
Perciò, con un ricco bagaglio di 6 ore di scuola FFCV e una mezz’oretta a Lido dei Pini, la primavera successiva ce ne andammo a Ivanpah a fare la Pacrim nella playa.
Rispondi