Pubblicato da: ruotenelvento | dicembre 18, 2016

ALLE RADICI DEL CARRO A VELA IN ITALIA prima parte – THAYAHT IL FUTURISTA

thayaht

Il carro a vela di Thayaht a Marina di Pietrasanta (da http://www.artsblog.it)

Il primo documento al quale si fa riferimento ad un carro a vela in Italia è un disegno di Mariano di Iacopo detto il Taccola, vissuto a Siena tra il 1382 e, probabilmente, il 1458. È uno degli esponenti minori di quel Rinascimento che vede in Leonardo il massimo protagonista e in prospettiva riassume tutto il tormento e la frustrazione che contraddistingue da sempre i velisti di terra italiani. Il suo progetto, contenuto nel Ms. Palatino 766 (BNCF), cc. 28v-29r, viene infatti definito come Carro anfibio a vela tirato da un bufalo.

Dobbiamo poi attendere mezzo millennio per trovare nuove tracce del carro a vela in Italia. Ne abbiamo notizia ancora da un artista, che stavolta non si limita a progettarlo ma ne cura la realizzazione. Purtroppi i velisti di terra italiani, almeno in Italia, è molto facile vederli in posa disinvolta ma un po’ statica. Accade anche a Thayaht sul lungomare di Marina di Pietrasanta. In effetti il suo carro a vela, costruito nel 1930, somiglia, anche alla luce della biografia dell’artista, più a un pretesto estetico, ad un esercizio stilistico, che a una reale opportunità di navigazione su terra. Si tratta di uno yacht a quattro ruote con randa e fiocco, in linea con i contemporanei modelli caratteristici delle spiagge francesi e belghe.

Thayaht, pseudonimo palindromo di Ernest Henry Michahelles, di origine anglo-svizzera ma nato a Firenze, oltre a essere probabilmente uno dei primi in Italia a interessarsi al landsailing, fu uno dei protagonisti del tardo Futurismo. Di cittadinanza svizzera e formazione cosmopolita, fu attivo principalmente come stilista di moda, legato all’ambiente parigino e a uno degli Atelier più celebri degli anni tra le due guerre, quello di Madeleine Viollet. La creazione per il quale è ricordato è la tuta, un modello universale a T ideato nel 1919. I suoi interessi non si limitano alla moda, ma si estendono a tutte le arti, con elementi che al dinamismo e al razionalismo tipici del Novecento uniscono il suo gusto per l’art decò e il dandysmo. Dipinge, affresca, progetta edifici e scenografie, scolpisce e lavora il metallo, inventando addirittura anche una lega originale di alluminio e argento, la taiattite. Nel 1929 aderisce sia al Futurismo che al Fascismo, nel quale ripone tutta la sua fiducia per il rinnovamento culturale del Paese. Le sue opere riflettono in maniera esemplare il momento artistico di quegli anni, come il dipinto Dux e l’aeroscultura Vittoria dell’Aria. Partecipa, spesso insieme al fratello Ruggero – alias Ram – alle più importanti Esposizioni nazionali. Come molti esponenti di spicco della cultura legata al regime fascista gli anni del dopoguerra vedono anche Thayaht relegato a un ruolo artistico molto marginale. Affascinato dalle energie cosmiche e dalla quarta dimensione dedica gli ultimi anni all’astronomia e all’ufologia, fondando il CIRNOS (Centro Indipendente Raccolta Notizie Osservazioni Spaziali) di cui pubblica una prima relazione nel 1955 ed una seconda nel 1958. Nel 1959 muore a Marina di Pietrasanta.

(da Azzini Enrico, Vele da terra, Mursia 2009)


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