Il lockdown imposto dal COVID-19 ha stuzzicato la voglia di mettersi finalmente a costruire uno skate old school che avevo preso da Roarockit Europe tre anni fa. Avevo già realizzato una quindicina di longboard, quasi tutti piatti se si escludono gli hollow. Senza presse e stampi – in cemento, in legno, col crick, come vi pare, lasciateci pure la macchina parcheggiata sopra – infatti è piuttosto difficile formare tridimensionalmente la tavola con concavo, wheel wells e kicks. E’ anche piuttosto difficile trovare qui in Italia il materiale principe per lo skate, cioè i sottili fogli d’acero – il veneer – che ti svenano se non ne prendi metri e metri cubi.
A questo punto della storia appare Roarockit, che offre tutto quello che occorre: fogli di acero già sagomati, colla, forme in polistirolo (street, pintail, cruiserino, long cutaway), accessori e una sacca con pompetta per il vuoto, che rimane il sistema migliore per una tavola vera senza ricorrere ad attrezzature complesse. Le operazioni (stendi la colla, sovrapponi i fogli, lega i fogli con gli elastici, sistema la rete, infila nel sacco, sigilla, POMPA!) è meglio provarle a freddo, certo che alla terza e ultima sessione una tavola sottovuoto non ha più misteri.
L’unico problema da affrontare con una certa fermezza è stato causato dall’ultimo strato del primo vuoto, che è trasversale. Infatti se un foglio a venature trasversali rimane esposto, cioè non coperto da uno longitudinale, è facile che se il vuoto cede il veneer si increspi e faccia delle onde. Una botta di frullino e di levigatrice per appianare e il secondo vuoto seppellirà tutto. Per il resto aggiustamenti: forse sarebbe meglio stringere il pacchetto di forma e fogli con qualche elastico in più perché la bocca della sacca diventa via via più stretta.
Il primo vuoto ha ceduto più dei successivi perché non avevo capito la reale sostanza del materiale che sigilla la sacca. Non bisogna andarci leggeri come fosse biadesivo, ma con decisione perché è una specie di pongo nero molto appiccicoso. Da seguire anche le istruzioni per utilizzarlo successivamente, facendo fare al pollice da apripista al centro e pulendo bene entrambi i lembi finché il distacco non avviene quasi naturalmente. Nell’ultimo vuoto evitare anche che la rete capiti sui buchi preforati dei truck, perché da lì esce la colla e s’impiastriccia con la rete ed il foglio che in tutto il processo deve rimanere assolutamente perfetto, il bottom.
Lato strada pirografia d’occasione con quel simpatico tipo beccuto del medico della peste tratto da un’incisione del 1650 circa. Dr. Schnabel von Rom diventa Dr. Skate von Rom (e io anfatti sò de Roma).
Il deck è stato affrontato come se sull’intera faccia rugosa del pianeta non fosse rimasto più un solo centimetro quadrato di grip. Ho frantumato, triturato e vagliato due bottiglie di birra, una bruna e una verde per replicare il disegno del bottom.
Ho steso una mano di resina epossidica e poi utilizzato delle maschere per cospargere prima la polvere verde e poi quella bruna. Il contrasto tra i due toni è molto più debole di come me l’ero immaginato, ma i riflessi verdi sul legno naturale sono splendidi. Truck Slide Surfskate, ruote Orangatang The Kilmer 83a. In finale una tavola completa ready to ride e FATTA PROPRIO DA TE in 6 giorni: 3 per i 3 vuoti, uno per una pulitura generale (nel kit c’è una raspina per il bordo), uno per la grafica e uno per il grip.
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